Questo scritto partecipa al Blogger Contest 2018 del portale Altitudini.it
Premessa (forse) indispensabile:
Premessa (forse) indispensabile:
Scrissi le righe che seguono subito dopo una corsa
a Calco e molti anni dopo le scorribande di quando ero bambino.
Facendo lo slalom gli ultimi poderi agricoli e i
terreni lottizzati a villette, scoprii che i vecchi sentieri di
campagna erano per lo più scomparsi: chiusi o inglobati dalle
recinzioni delle proprietà private.
Perché tanta ostinazione nel cancellare questi
innocui passaggi, quale nemico tanto temibile sarebbe mai potuto
arrivare da quei viottoli sgangherati?
Perché poi quell’omertà
collettiva, dove tutti sanno che sono pubbliche servitù di passo ad
essere violate e, per ogni sentiero chiuso, ciascuno sa di essere
offeso nel proprio diritto e di perdere un poco della propria libertà
di movimento. Eppure nessuno alza una voce di protesta.
Questi viottoli scomparsi sono i miei sentieri
neri. La loro è un'assenza che parla.
Racconta il lato oscuro di quella “cultura del
pane” che ha dato ai miei genitori un futuro da costruire e alla
mia generazione un benessere da godere.
Il lavoro come riscossa sociale, il lavoro come
dignità personale, l’orgoglio del fare, la bellezza del fare bene.
Ma anche il lavoro prima di tutto: il lavoro sopra a tutto e a tutti.
Ecco, questo sussurra l’assenza dei sentieri
scomparsi e volentieri dimenticati: che pane è quello pagato con la
perdita dell’identità, col tradimento della terra e della dignità
degli altri? Che pane è quello che riempie le tasche ma non nutre la
vita?
Nel nome del pane
Chiudono i sentieri, i sentieri dove per
generazioni hanno camminato loro, i loro padri e le loro madri.
Perché hanno così timore di quell’esigua
striscia di terra?
Chissà, forse hanno paura che la morte arrivi a
prenderli a piedi, battendo nella notte le pietre del selciato con
quegli stessi zoccoli di legno che un tempo hanno indossato loro, o i
loro padri e le loro madri: toc toc, toc toc, toc toc…
Forse hanno paura perché loro gli zoccoli non li
indossano più e non se li possono cavare per prenderli in mano e
volare via, a piedi nudi, più veloci dei rampini dei vecchi
contadini cui da piccoli rubavano le ciliegie, più veloci della
falce della morte... Che poi, a pensarci bene, non sarebbe neppure
una brutta morte.
Forse hanno paura che siano i ladri ad arrivare a
piedi… e anche quelli, in fondo, non sarebbero poi dei brutti
ladri.
Chiudono i sentieri nel nome del pane.
Nel nome del pane fanno scempio delle cose belle,
chiamandole inutili, come se queste non fossero, una per una, “parola
che esce dalla bocca di Dio”.
Chiudono i sentieri, tagliano le arterie del
ricordo e della leggenda e poi si dolgono che i loro figli non hanno
più ideali, che non rispettano il sacro!
Ma non si ricordano che è da lì che si arriva
nel bosco di Giovannino Senza Paura, poi al Sasso della Gibiana e, se
uno ha coraggio abbastanza, ancora più in fondo, fino nel cuore del
Mistero?
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